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UN’ALBA DA MIA MADRE Dal balcone della mia casa, 17 marzo attorno alle sei Vito Teti
Autore:     Data: 30/04/2019  
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Data: 30/04/2021 - Anno: 27 - Numero: 1 - Pagina: 41 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

LA GUERRA DI LIBIA (1911 - 1931)

Letture: 700               AUTORE: Cecè Serrao (Altri articoli dell'autore)        

La Storia dovrebbe avere una valenza culturale e sociale, farci conoscere le nostre origini, i cambiamenti,
nel corso del tempo, di quel nostro mondo lontano, ma a noi familiare e di cui siamo eredi, farci
da monito per il presente, essere per noi maestra.
Dovrebbe. Ma pare non sia proprio così. La Storia si ripete, asserisce qualcuno. No, non è la Storia
a ripetersi, è che l’attore è sempre lo stesso: l’uomo!
Sono certo che pochi sanno di questa guerra, di cui vado a parlare, che mi ha portato a fare delle
riflessioni, e la quale durò complessivamente 20 anni e più, fra Italia e Impero ottomano prima e tribù
libiche poi, per i più disparati interessi nazionali e internazionali, che nulla di buono hanno portato al
popolo libico, tutt’ora, come sappiamo, sofferente.
“Una vera e propria carneficina, dunque, o, per meglio dire, un ‘genocidio’ praticato dal ‘buon
italiano’ il cui ricordo risulta ancora rimosso dalla memoria collettiva dell’Italia nonostante gli sforzi
di quegli storici che l’additano all’attenzione di chi non ha paura della verità.”
La guerra ebbe inizio nel settembre 1911con il Governo di Giovanni Giolitti, per il quale la ricerca
della “quarta sponda” era diventata una priorità; continuò durante l’avvento del governo fascista
ed ebbe formalmente termine nel 1931, ma si protrasse pure oltre. Praticamente un periodo di guerre
ininterrotto, che terminò effettivamente nel 1945, ma che è costata all’Italia, oltre che in termini di vite
umane, risarcimenti per danni di guerra negli anni successivi e recenti, nonché condizionamenti, umilianti
a volte, di strategia per la nostra politica estera.
Alcuni numeri del primo conflitto fra Italia e Impero ottomano, che va dal 28 settembre 1911 al 18
ottobre 1912 (Trattato di Losanna), possono farci capire quali sono state le forze dispiegate in campo:
inizialmente 35.000 italiani, aumentati poi a 100.000 nei mesi successivi, contro 28.000 turchi. Le perdite
sono state di 3.380 morti e 4.220 feriti italiani, e 14.000 morti con 5.370 feriti turchi.
Successivamente, 1914 – 1915, a causa di una strenua resistenza delle truppe turche e lo scoppio della
prima guerra mondiale, gli italiani furono costretti al ritiro nelle zone costiere come Tripoli, Bengasi,
ecc., e a cedere il Governatorato a notabili, appartenenti a formazioni di tipo politico-religioso.
Con la conclusione, di alcuni trattati, nel 1917 e 1920, con autorità locali, iniziò un periodo di relativa
pace e, mesi prima del 1919, venne concesso lo Statuto delle colonie, col riconoscimento di alcuni
diritti alle popolazioni della Tripolitana e Cirenaica. Ma non tutto andò secondo le aspettative/promesse,
anche a causa di lotte intestine fra capi locali, e nel novembre 1919 i ribelli proclamarono la Repubblica
Tripolitana, e per un breve periodo regnò incertezza e confusione. Nel 1921 fu istituito, da parte del
Governo italiano, il Governatorato della Tripolitania e ripresero le avanzate militari, che si conclusero
con l’occupazione del Porto di Misurata (strategico) ed il respingimento delle milizie arabe.
Nei mesi successivi, aprile-maggio 1922, la marcia su Roma e l’occupazione di altri territori libici.
Con l’arrivo di Mussolini i sogni di conquista aumentarono, tant’è che alcuni rappresentanti libici locali,
per i trattamenti subiti, abbandonarono la loro patria e si rifugiarono all’estero, prevalentemente
in Egitto, ma anche in Tunisia, Algeria e Ciad, mentre quelli rimasti furono arrestati, deportati in campi
di concentramento, o fucilati, per non aver accettato la sottomissione e il riconoscimento dell’autorità
occupante. La conquista fu completata nel 1926, senza grosse difficoltà, grazie anche ai dissidi sorti,
ancora una volta, fra le locali tribù.
Ma la stasi fu breve e l’occupazione di altri territori riprese e continuò anche negli anni successivi,
decimando le tribù, ridotte alla fame, con massicci bombardamenti, utilizzando, in più occasioni, bombe
caricate anche a gas, in dispregio delle convenzioni internazionali, sottoscritte dalla stessa Italia, che
ne vietavano l’uso. E non solo. Furono perpetrate atrocità indicibili, di cui non possiamo certo essere
orgogliosi come nazione.
“I guerriglieri sopravvissuti fuggirono con le proprie famiglie ma i reparti cammellati e l’aviazione li
inseguirono per vari giorni fino ad annientarli in gran parte: tra le vittime anche donne e bambini. Cufra
fu sottoposta a tre giorni di saccheggi e violenze: 17 capi senussiti furono impiccati, 35 indigeni evirati
e lasciati morire dissanguati, 50 donne stuprate; si registrarono anche 50 fucilazioni e 40 esecuzioni
con ascia, baionette e sciabole. Le truppe vittoriose si abbandonarono a ogni atrocità:…..” (che non ci
piace qui riportare – Ndd)
Solo per capire con i numeri e per rendere l’idea di questa immane/inutile guerra: la popolazione
della Cirenaica, da 225.000 (censimento 1920) si ridusse a 140.000 (censimento 1931), per non parlare,
poi, del patrimonio zootecnico, che da quasi 1.000.000 di capi (fra ovini, cammelli, cavalli e asini) ne rimasero
non più di 100.000 nel 1933. Molti italiani non fecero ritorno, in Patria, perché morti o dispersi.
E a proposito di dispersi. Alcuni, più in là con gli anni (compreso me), ricorderanno ancora il famoso
detto “morto in Libia”, che era un modo di dire quando di una persona, o di una cosa, non si sapeva più
nulla o alla quale nessuno pensava più.
Pare che anche dei soldati badolatesi abbiano partecipato a questo conflitto, detto pure “la sporca
guerra”. Ma, nonostante, meticolose ricerche, nei registri di Stato Civile del Comune di Badolato (al
tempo non esistevano i registri anagrafici, istituiti soltanto nell’arco di tempo che va dal 1931 al 1936,
per quanto riguarda il nostro Comune), non si è potuto documentare la probabile effettiva partecipazione,
anche perché tutto il resto degli archivi comunali è andato perduto/distrutto, per una scellerata azione
di amministratori/dipendenti comunali poco accorti, e poco consapevoli (voglio sperare), della loro
importanza storico-sociale per la nostra comunità, quando hanno ceduto a terzi, e mandato a macero, la
maggior parte dei nostri archivi e cimeli, custoditi, anche se in malo modo, nei sotterranei del Municipio
stesso (attuale sala consiliare). Nel contempo, pare sia certa la partecipazione del Sottotenente Luigi
Spasari (A 1.889 - Ω 1.915), per come risulta dal libro “Storia di Badolato – dal 1080 al 2009” di Antonio
Gesualdo, che, riferendosi a Luigino Spasari, così scrive: “Chiamato alle armi nel 1909 a Torino,
richiamato per la guerra di Libia, congedato nell’agosto 1912.” Pertanto, stando così le cose, non v’è
dubbio sulla sua partecipazione, considerato che la guerra di Libia ebbe inizio nel 1911. Altra cosa certa
è pure la presa di posizione, contro quella avventura colonialista (ben vista dal Vaticano), da parte dei
componenti del Circolo/Sezione Socialista di Badolato, i quali parteciparono, unitamente a quelli del
comprensorio (compreso tra Davoli, Stilo e Serra San Bruno), ad una manifestazione di protesta, per
riaffermare, con vigore, il loro dissenso per quella dissennata avventura. Era il 1911.
Concludendo. Io, che non sono uno storico, ritengo che la Storia dovrebbe essere la radice della
verità. Ma la Storia la raccontano sempre i vincitori e se non si ha avuto una visione diretta dei fatti e
non si è in grado di dimostrare il contrario, crederci è d’obbligo, sebbene le cose possono essere andate
diversamente, da come riportate dal narratore; in fondo pure le bugie, si suole dire, potrebbero avere
una base di verità. A qualcuno potrebbe venir voglia di storcere il naso, per carità di patria, per il crudo
racconto di questa inutile/spietata guerra, che nulla ha avuto a che fare con i principi di liberta, civiltà
e progresso, come, d’altra parte, è successo, e succede tutt’ora, in diverse parti del mondo. Ma non si
possono vedere in cielo i colori dell’arcobaleno guardando verso il basso.
Cecè Serrao
(Nel ringraziare l’amico nostro assiduo collaboratore per l’interessante ricerca di un argomento
di cui purtroppo in Italia si tace anche dalle cattedre deputate a trattarne come programma, si esprime
l’esigenza, da parte de “La Radice, di conoscere i nomi di eventuali nostri caduti in quella calda terra
d’Africa, come in un altro lembo di quel continente, nel Corno d’Africa. Riteniamo, difatti, doveroso
onorare questi altri nostri che hanno versato il loro sangue per l’Italia, come ormai abitualmente
facciamo per i Caduti delle due guerre mondiali. In alcune città d’Italia ci sono riusciti, per cui nelle
lapidi dei loro Caduti si leggono anche i nomi dei morti in Libia. Per il momento ci accontentiamo della
notizia, letta in Gesualdo da Serrao, che a quella guerra ha partecipato il Sottotenente Luigi Spasari,
di Badolato, medaglia d’argento, Caduto nella guerra 1915-18 – Ndd)


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